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L’allarme marijuana dei primi anni ’70 fa diventare la cannabis un importante oggetto di studio scientifico e ne riporta in luce i possibili usi medici, in parte noti fin dall’antichità. Si scoprono i suoi principi attivi (i cannabinoidi), e il sistema endogeno con cui essi interagiscono («endocannabinoide»). Le leggi antidroga sono un serio ostacolo alla ricerca, ma le sempre più numerose segnalazioni dei malati portano ai primi studi controllati e allo sviluppo dei primi farmaci a base di cannabis: il Marinol, il Nabilone, e infine il Sativex. Alcuni paesi cominciano ad autorizzare l’uso medico di marijuana, e il ministero della Salute olandese mette in vendita cannabis di qualità farmaceutica (Bedrocan e Bedrobinol).

E in Italia? In Italia nasce l’Associazione cannabis terapeutica (Act, medicalcannabis.it) che si propone di far legalizzare gli usi strettamente medici della cannabis. Ma i tempi si rivelano eterni, e nell’attesa si ricorre a un decreto ministeriale del 1997 che permette l’importazione di farmaci registrati all’estero. Diversi malati, assistiti da medici volonterosi, cominciano a curarsi con Nabilone, Sativex o Bedrocan, ma le cose non sono facili. Il costo dell’importazione di questi farmaci è molto alto, e solo alcune Asl se lo assumono, mentre altre lo accollano ai pazienti. Inoltre, dato che ogni ricetta copre solo il fabbisogno di 30 giorni, si importano solo piccole quantità per volta, e ogni tanto i pazienti si trovano di colpo senza farmaco. Una soluzione sarebbe la registrazione di questi farmaci in Italia, ma i produttori non la chiedono dato il basso volume di vendite. Un’alternativa sarebbe la produzione nazionale di cannabis farmaceutica, sull’esempio olandese, ma nessun politico in Italia, di questi tempi, si sognerebbe di sostenerla. Il risultato? Una situazione intollerabile ed esasperante per molti malati, impossibilitati a seguire una cura con regolarità e per i loro medici, impossibilitati a valutarne gli effetti. Una situazione da cui non si potrà uscire senza una maggior consapevolezza dell’opinione pubblica dello straordinario potenziale terapeutico di questa pianta (così poco tossica, fra l’altro, da non aver mai ucciso nessuno). Solo a questo punto i politici – che si definiscono «leader», ma sono solo «follower» – troveranno il coraggio di muoversi. Per poi attribuirsi il merito dei risultati ottenuti.

a cura di Claudio Cappuccino?

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