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Nel corso di questo ultimo mese in Parlamento in tema di carceri sono state approvate due importanti leggi: in via definitiva la legge Simeone-Saraceni e al Senato, al termine di un iter faticoso e tormentato, l’abolizione dell’ergastolo. Ancora al Senato, in Commissione giustizia è stato approvato un emendamento in tema di depenalizzazione del consumo di gruppo delle droghe leggere e della coltivazione per uso personale.
Tre questioni diverse tra loro eppure tanto significative, innanzitutto per la valenza simbolica e culturale in esse presente. Tre questioni su cui riflettere, sapendo e volendo leggere il passo in avanti, pur timido e parziale, ma importante per la costruzione di altri sensi comuni a sinistra e nelle sinistre, e più in generale in questa maggioranza, intorno al tema delle garanzie e delle libertà; sapendo e volendo leggere l’idea di Stato, di relazioni tra le persone, di libertà ed autonomia dei singoli, dei limiti entro cui circoscrivere norme e scelte del diritto penale.
A guardar bene la vicenda parlamentare che si è dipanata intorno a queste materie, nella discussione tra le forze politiche della maggioranza, nella distanza tra la maggioranza e il governo, e questo ministro di Giustizia, ci parla di difficoltà, di differenze culturali di non poco spessore e della necessità di uno scavo teorico e assieme di un’azione incisiva per costruire contenuti significativi di una reale strategia riformatrice.
Questa vicenda complessivamente, e nel merito ogni provvedimento per la sua parte, ci dice delle potenzialità presenti anche in Parlamento e soprattutto della possibilità, lavorando con tenacia, di segnare dei risultati. Ritengo dunque utile ragionare sulle difficoltà e sulle ambiguità di dichiarazioni di intenti del governo, del ministro di Giustizia, di parti non secondarie delle forze politiche di questa maggioranza tese a ridurre la linea di garantismo a una mera, se pur importante, scelta di razionalizzazione, di semplificazione, di efficienza nell’amministrazione della giustizia. Efficienza su cui si sprecano parole ed eccessi di enfatizzazione, che mal coprono un deficit di strategia riformatrice che trasuda da tutte le parti.
A oggi, in realtà, sul tema carcere questo governo e questo ministro non hanno presentato, tranne la ministra Finocchiaro, alcun progetto significativo. In tema di pena, ragionando sull’abolizione dell’ergastolo ed esprimendo in Senato una contrarietà che andava ben al di là della legittima espressione di convinzioni personali, il ministro Flick ha squadernato davanti alle forze di questa maggioranza un’idea del diritto penale agli antipodi rispetto alle elaborazioni sul diritto penale minimo su cui da tempo si è espressa la cultura garantista di questo Paese e su cui in Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, e non solo, le forze politiche della maggioranza si sono spese, e sempre più intendono spendersi, nella convinzione della necessità del superamento del panpenalismo e dei grumi autoritari che la lunga stagione emergenzialista ha impresso nei codici e nella prassi.
In tema di droga, a diversi mesi dalla Conferenza di Napoli, un disegno di legge del governo sembra soltanto ora essere in dirittura di arrivo, un disegno di legge annunciato da diverse settimane e la cui portata non sembra affatto risolutiva dei nodi presenti in quella quotidianità di affanni e di disagi in cui si dibattono i consumatori di droga.
Nel frattempo, sull’emendamento approvato in Commissione, anch’esso parziale, il governo cerca di contrastarne l’iter, chiede che non venga intralciato il cammino della legge sulla depenalizzazione e, alla fine, messo alle strette dalla tenacia dei proponenti, non trova il coraggio di sostenere scelte che pure afferma di aver maturato. Ancora peggio, il presidente Prodi al G8 dà il suo assenso alla campagna planetaria contro il consumo di stupefacenti, cancellando di colpo la riflessione presente nel Paese e dentro le forze politiche sul fallimento della strategia proibizionista e sulla necessità di approcci culturali alternativi e di interventi innovatori, come suggeriscono le tante firme in calce ad un appello della Lega mondiale contro la guerra alla droga, e come sostengono parti non secondarie delle forze politiche di maggioranza.
Queste le contraddizioni e insieme la difficoltà del dover contrastare una sottovalutazione dell’importanza di questi tre segnali – ergastolo, pene alternative, droghe leggere – perché altre sono le priorità.
Ma queste sono anche le potenzialità che questi tre percorsi parlamentari ci consegnano, la possibilità cioè di tornare a pensare a contenuti di una strategia riformatrice, di misurare su questi le differenze e la sostanza di un garantismo vero e soprattutto di costruire intorno ad essi, con una sfida coraggiosa, alleanze e possibilità di cambiamento.

ERSILIA SALVATO Vicepresidente del Senato