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Recentemente l’Osservatorio europeo sulle droghe (Emcdda) ha pubblicato la consueta Relazione annuale sull’evoluzione del fenomeno della droga in Europa. Come la precedente, è una Relazione che si presta a una duplice lettura, essendo ancora caratterizzata da evidenti lacune metodologiche, ma anche da diverse aperture di rilievo, soprattutto in tema di riduzione del danno.
Ecco i numeri offerti dall’Osservatorio. La cannabis è sempre la droga illecita maggiormente apprezzata, anche in Europa: circa 71 milioni di europei con età compresa tra i 15 e i 64 anni (il 22% nella fascia d’età considerata) l’hanno provata almeno una volta nella vita (consumo lifetime o una tantum), mentre 23 milioni ne hanno fatto uso almeno una volta nell’ultimo anno (consumo ultimo anno), cioè circa un terzo dei consumatori una tantum e il 7% della popolazione tra i 15 e i 64 anni. I consumatori nell’ultimo mese sono circa 12,5 milioni, cioè il 4% della popolazione di riferimento. La fascia d’età maggiormente coinvolta è quella compresa tra i 15 e i 34 anni, i cosiddetti «giovani adulti». Un «giovane» su tre l’ha provata almeno una volta nella vita, mentre il 7% dei giovani ne ha fatto uso nell’ultimo mese. Circa tre milioni di giovani «fumano» tutti i giorni.
Cocaina. I consumatori lifetime sono aumentati, mantenendo il trend di alcuni anni a questa parte. Sono circa 12 milioni gli europei che l’hanno provata almeno una volta nella vita (3,6% degli europei con età compresa tra 15 e 64 anni), mentre sono 4 milioni ad averla consumata almeno una volta nell’ultimo anno. Con riferimento all’ultimo mese, siamo intorno ai 2 milioni. Sempre apprezzate le anfetamine, ingerite almeno una volta nella vita da 11 milioni di europei e da circa un milione nell’ultimo mese.
Per l’ecstasy, i consumatori lifetime sono 9,5 milioni (circa il 3% della popolazione nella fascia d’età considerata), mentre sono 2,5 milioni i consumatori “ultimo anno”. Gli europei che ne hanno fatto suo nell’ultimo mese sono oltre un milione.
Il consumo di oppiacei, che per l’Emcdda è sempre «consumo problematico», coinvolge una percentuale di europei compresa tra lo 0,1% e lo 0,6%. Circa 600.000 consumatori sono stati sottoposti nel 2006 a terapia sostitutiva, non meglio specificata.
Se si vuole trovare un senso in queste cifre, sono opportune almeno tre avvertenze. La prima: si scrive 2008 ma nella migliore delle ipotesi si legge 2006, visto che i dati sono riferiti a due anni fa o più. La seconda: non tutti i paesi, appunto, hanno consegnato rilevazioni effettuate nel medesimo anno. La terza: non sempre le fasce d’età considerate coincidono, essendovi differenze da paese a paese.
Un’altra parte fragile della Relazione è la parte «speciale» dedicata alla nuova categoria dei «giovani vulnerabili». L’impatto mediatico è forte, ma la sostanza lascia a desiderare. Non soltanto per i luoghi comuni a cui si aggrappa l’Emcdda (uno su tutti: l’emarginazione come fattore scatenante il consumo problematico), ma ancora una volta per la scarsa omogeneità sulle definizioni proposte e sulla raccolta dei dati. Ogni paese o quasi segue la sua strada e l’imbuto dell’Emcdda fa quel che può.
Vi è però una serie di passaggi interessanti, che riprendono quanto di buono era già stato affermato nella Relazione 2007. In tema di sequestri, ad esempio, l’Osservatorio abbatte una credenza diffusa che li ritiene un indicatore dell’efficacia della lotta alla droga sintetizzabile nello slogan «più sequestri, meno droga in circolazione». Secondo la Relazione, i sequestri «in realtà sono un indicatore aleatorio, perché dipendente dalle priorità, dalle risorse e dalle strategie delle forze di polizia».
Un altro passaggio interessante tocca la riduzione del danno. «Le buone notizie non mancano (…). La disponibilità delle azioni terapeutiche continua a migliorare (…), la maggior parte dei consumatori di eroina è in contatto, in un modo o nell’altro, con i servizi assistenziali». Ora, se è vero che occorre stabilire chiaramente quale sia «un modo» e quale sia «l’altro», è anche vero che l’Osservatorio sembra indicare una strada. Già con il velato rammarico del presidente Götz, quando dice che esistono «profonde differenze (…) nella qualità dei servizi destinati ai tossicodipendenti». Ma soprattutto laddove si snocciolano le pratiche di riduzione del danno nei paesi europei, sottolineando una sempre maggiore condivisione negli approcci e nelle prospettive. Del resto, il richiamo ai benefici delle politiche mirate allo scambio di siringhe o al trattamento anche di lungo periodo, nonché il richiamo ai benefici delle sanzioni non necessariamente di stampo repressivo, sono segnali importanti di un cambiamento in atto che non possiamo che accogliere con interesse. Certo, vi sono ancora molte ombre, ma il «minimalismo» dell’Osservatorio a tratti pare condito dal buon senso. Stiamo a vedere come proseguirà la faccenda.