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onda_perugia_stazione.jpgC’è stato un tempo in cui qualcuno contestava lo stato in cui sono ridotte le università italiane e denunciava il peggio che ne sarebbe venuto sotto i colpi dei tagli ai finanziamenti e dei propositi di riforma del Governo Berlusconi. Lo hanno fatto gli studenti e i ricercatori, prima e durante il percorso parlamentare della legge Gelmini. A ridosso della sua controversa approvazione in tutt’Italia si moltiplicavano cortei e manifestazioni. Il 30 novembre del 2010 anche a Perugia, come in molte altre città italiane, era prevista e si è svolta una manifestazione contro la riforma voluta dal Governo. Manifestazione pacifica e partecipata, nonostante la pioggia. Merito degli organizzatori, ma anche di chi accettò una deviazione pilotata del corteo e una occupazione simbolica dei binari della stazione. Nel pomeriggio, ritorno in facoltà e assemblea del movimento. Tutto bene dunque. Manifestazione perfettamente riuscita senza nessun problema di ordine pubblico. Congratulazioni al movimento e alle autorità che, saggiamente, hanno operato per evitare incidenti e tensioni.
Questa storia sarebbe potuta finire qui. Si poteva, dunque, anche non pubblicare questo articolo. E invece tocca farlo. Perché a 17 mesi dai fatti la Procura competente ha indirizzato a 37 manifestanti un avviso di conclusione delle indagini preliminari per interruzione di pubblico servizio e manifestazione non autorizzata. Reati da niente, ma due reati e un procedimento penale a carico di persone che, all’epoca, si sono tutt’al più distinte per aver governato una protesta che altrove dava luogo a scontri e che a Perugia si limitò a infrangere delle regole senza danni a cose o persone.
A rendere paradossale la pervicacia inquisitoria con cui la Procura sembra perseguire questi fatti inoffensivi, si aggiungono i particolari che vogliono un paio degli indagati certamente assenti alla manifestazione, perché impegnati in attività lavorative altrove, e addirittura un ragazzo deceduto nel frattempo: pare che anche per lui, da qualche parte, ci sia una notifica pendente.
A pensar male si può sospettare una vendetta consumata a freddo contro il movimento universitario, o che sia in atto un disegno repressivo contro qualsiasi cosa blocchi le linee ferroviarie. Se “niente resterà impunito”, sarà bene punire anche le manifestazioni di due anni fa, che fanno precedente e peseranno sui responsabili e sulle loro azioni future.
A pensarci bene, invece, quell’avviso di conclusioni delle indagini preliminari potrebbe essere solo il tentativo del pm competente di chiudere il fascicolo prima della scadenza dei termini (entro diciotto mesi dal fatto, ma guarda un po’ …), evitando che resti nel curriculum la pratica inevasa e, probabilmente, mai esaminata prima (magari con due chiacchiere con gli indagati si scopriva che alcuni non c’erano e che uno era morto). E così la solerzia di qualche funzionario più interessato all’output che all’outcome della pubblica sicurezza, che si è preso la briga di identificare i “capi” della manifestazione non autorizzata, sommata alle preoccupazioni professionali del pm, stanno producendo un altro procedimento penale, legittime preoccupazioni e inutili tensioni.
A pensar male così come a pensarci bene, un’altra occasione persa per far tacere le armi del diritto penale.