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Portrait of Fiona Godlee. Photo: Magda Rakita

Portrait of Fiona Godlee.
Photo: Magda Rakita. From BMJ site.

Alcuni numeri nel diario di questa settimana fanno riflettere. La guerra alla droga costa a ogni contribuente del Regno Unito circa 400 sterline all’anno. Il Regno Unito è ora il più grande esportatore al mondo di cannabis legale, ma l’uso ricreativo e medicinale è criminalizzato. La Scozia ha il più alto tasso di morti per droga in Europa, il doppio rispetto a 10 anni fa. Il commercio mondiale di droghe illecite vale 236 miliardi di sterline, ma questo denaro alimenta il crimine organizzato e la miseria umana. Perché non dovrebbe invece finanziare i servizi pubblici?

Così si apre l’editoriale di questa settimana di Fiona Godlee, “editor in chief” del British Medical Journal, la rivista della British Medical Association ed una delle più importante riviste mediche del mondo. E’ una presa di posizione molto importante che segue quella del Royal College of Physicians, della Faculty of Public Health e della Royal Society for Public Health (RSPH). Quest’ultima in un rapporto del 2016 aveva concluso che la “war on drugs” non riesce a scoraggiare l’abuso di droghe, ma invece scoraggia le persone con un uso problematico dal cercare un trattamento e inibisce gli sforzi di riduzione del danno.

In uno studio di Jason Reed e Paul Whitehouse (doi: 10.1136 / bmj.k1999) pubblicato sullo stesso numero della rivista vengono analizzate le politiche pubbliche inglesi, in particolare quelle riguardanti l’escalation di violenza nel Regno Unito. Ebbene, il  Ministero degli Interni ha pubblicato quattro anni fa un rapporto che non ha trovato alcuna correlazione tra la durezza della legge di un paese e la portata dell’uso ricreativo delle droghe. Nonostante la piena coscienza che le leggi sulle droghe non hanno alcun impatto reale sull’uso, la recente strategia governativa di approcio al problema violenza (denominata “Serious Violence”) prevede investimenti cospicui nella polizia, e mette in primo piano le politiche repressive. Ma secondo gli autori la proibizione stessa causa disarmonia e violenza, come del resto riconosce la nuova strategia governativa: “i conflitti nei mercati delle droghe illecite non possono essere risolti attraverso canali legali, così i partecipanti possono risolverli violentemente“. Secondo Reed e Whitehouse per ridurre la violenza dal commercio illegale di droghe il governo britannico dovrebbe sostituire il proprio approccio repressivo con la regolamentazione legale ed il supporto, in una strategia basata sulla salute, come quella sostenuta da LEAP UK, l’assocazione di membri delle forze dell’ordine che si batte per una riforma delle politiche sulle droghe.

Nel Regno Unito già oggi vengono spese somme ingenti per tentare, senza successo, di interrompere il flusso di droghe nelle città che coinvolge spesso bambini vulnerabili, utilizzati per i passaggi più pericolosi. Godlee sottolinea come “in Portogallo, dove il possesso non violento di droghe è stato depenalizzato, il consumo non è aumentato, ma i decessi per droga sono diminuiti considerevolmente”. Mentre i paesi che hanno regolamentato la vendita della cannabis vedono aumentare le loro entrate fiscali. Un approccio basato sulla regolamentazione, secondo Godlee, potrebbe dirottare il denaro dai profitti delle associazioni criminali alla spesa pubblica: controllo della qualità delle sostanze, prevenzione e trattamento per i consumatori problematici, in istruzione e politiche di protezione dei bambini più vulnerabili.

Per Godlee non si tratta di “pensare che le droghe siano buone o cattive. Si tratta di una posizione basata su prove del tutto in linea con un approccio la salute pubblica alla criminalità violenta. La strategia Serious Violence, recentemente pubblicata dal governo britannico, riconosce il legame tra proibizionismo e violenza, ma propone di spendere 40 milioni di sterline in politiche legate al proibizionismo.” L’editoriale si conclude così: “il BMJ sostiene fermamente gli sforzi per legalizzare, regolamentare e tassare la vendita di droghe per uso ricreativo e medicinale. Questo è un argomento sul quale i medici possono e devono far sentire la propria voce.