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La democrazia e la politica via web sono temi d’attualità. Possono sostituire completamente le occasioni “tradizionali” di confronto e di discussione? Per quanto riguarda il tema delle politiche sulle droghe, pare di si, a sentire il Dipartimento Politiche Antidroga. Infatti ha finanziato per € 435.000 il progetto D-Audit che verrà presentato a Roma il prossimo 11 Luglio. Le consultazioni e la raccolta di prese di posizione, gli orientamenti, le opinioni dovrebbero avvenire solo per via informatica, una volta accreditatisi sulla piattaforma. Non solo, ma il progetto ha l’ambizione di “valutare quantitativamente” i pareri e le proposte in questo modo raccolti. Raggiungendo due obiettivi: quello di autorizzare i soggetti ad intervenire (attraverso l’accreditamento) e quello di “dare i voti” ad ogni indicazione o proposta.

La lettura del primo documento pubblico contiene anche valutazioni del tutto negative sulle Conferenze Nazionali sulle droghe che, per dettato di legge, devono essere celebrate ogni tre anni. L’ultima avrebbe dovuto essere organizzata entro l’anno 2012, a tre anni dalla occasione nefasta di Trieste (2009). Le conferenze sono fonte di fastidio perché offrono “momenti di confronto e di presentazione dei diversi punti di vista, vissuti con molta intensità e con contenuti prevalentemente politico/ideologici”. Sempre nel documento, il fastidio è massimo quando si accenna a “varie lobby presenti nella società civile (sia del privato sociale che di quello commerciale/industriale) che spesso producono fortissime pressioni a livello politico e mediatico”, così testualmente è scritto nel documento di presentazione del progetto.

Perciò, basta conferenze, basta società civile, basta lobbies; si passi decisamente ad una raccolta di proposte irreggimentata, controllata e valutata a livello centrale: la cui finalità non è dunque di “modernizzare” la comunicazione e di fare economia, ma di sterilizzare, se non eliminare tout court, qualsiasi forma di confronto con il mondo che opera nel campo delle droghe. Del resto il costo di tutto rispetto del progetto D-Audit fa capire che le preoccupazioni di bilancio non sono in cima ai pensieri del Dipartimento Antidroga.

Domina invece Il fastidio per questa “società civile” che si permette di opinare, di avanzare proposte, di criticare che è palese quanto inaccettabile.

C’è da meravigliarsi ulteriormente? No, se si osserva la costante modalità decisionale centralista ed esclusiva del DPA. Ma se si volesse applicare lo stesso metodo ad altri campi? Chi vuole esprimere un’opinione sulla politica sull’immigrazione (per esempio) deve passare le forche caudine dell’accreditamento; poi, la sua proposta, la critica, il suggerimento verranno “valutate” quantitativamente; e, se accettabili all’establishment, ammesse.

L’incredibile proposta è sulla soglia dell‘attuazione. Il progetto dovrebbe essere realizzato dai soliti noti del DPA: il sociologo Pieretti dell’Università di Bologna (qualcuno ricorda la sua “valutazione” degli strabilianti risultati di San Patrignano?), l’Italian Scientific Community on Addiction (sempre DPA) Drog@news (DPA – Unicri) e l’immancabile Dipartimento delle Dipendenze della Asl 20 di Verona.

L’onda lunga della gestione autoritaria, centralista ed escludente (chi esprime dissenso dalla linea ufficiale) del DPA continua e sarà necessario ancora tempo per raddrizzare la rotta. La lobby DPA è ancora tutta al suo posto e continua a godere privilegi ed opportunità.

Una cosa è certa: la direzione va cambiata in fretta e con decisione. Tra le priorità dovrà essere la convocazione della prossima Conferenza Nazionale sulle Droghe, quella dell’era post Giovanardi-Fini.