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La discoteca di Riccione in Romagna è famosissima ed è uno di quei luoghi di aggregazione che subisce il fenomeno dell’uso “di massa”delle droghe, specie quelle sintetiche. E’ quello che accade ai rave, o negli stadi, nei discobar della riviera ed è un fenomeno conosciutissimo sia dalle forze dell’ordine che dagli operatori. E’ solo un aspetto della globalizzazione del mercato delle sostanze, ovviamente un mercato illegale e perciò, fuori controllo.

Dopo la morte di Lamberto, il ragazzo di 16 anni deceduto durante la notte del 22 luglio scorso, è triste vedere l’ipocrisia e la retorica prendere le prime pagine dei giornali, sentire proclami riguardo l’attuazione di provvedimenti inutili e vedere così, per l’ennesima volta, l’incapacità del governo di dichiarare qualcosa di sensato sul tema delle droghe, delle giovani generazioni e delle necessarie politiche.

Nel caso in questione la sostanza (MDMA) è stata acquistata da un ragazzo e ceduta a Lamberto come spesso accade intorno ai luoghi di aggregazione: si acquista, si vende, si condivide. Il grido “dagli all’untore” è grottesco e si conferma una caccia sfrenata “ai pesci piccoli” di cui sono piene le nostre case circondariali, ed una totale indifferenza verso i grandi spacciatori e le rotte del narcotraffico.

Secondo punto: la sostanza assunta in una bottiglietta era chiaramente in sovradosaggio. Si è trattato di un evidente overdose. Purtroppo questo è il modo in cui i giovanissimi trattano le sostanze: grande attrazione, poca informazione, sottovalutazione dei rischi, nessuna conoscenza dei dosaggi e degli effetti collaterali. Nessuna precauzione. Prendere una “pasta” o una zigulì è più o meno la stessa cosa.

Dagli anni 90, da quando la “Piramide” è entrata nella mitologia e la gente ballava in riviera unita dallo slogan “sale, sale e non fa male”, con evidente allusione all’MDMA, sono passati 25 anni. 25 anni in cui molti operatori delle tossicodipendenze hanno mostrato la loro preoccupazione “sanitaria” verso un fenomeno di massa che coinvolgeva, allora, quei giovani che adesso sono adulti e di cui non sappiamo le conseguenze degli usi. Il grido degli operatori che chiedevano una maggior collaborazione con gli organizzatori di eventi, che cercavano di favorire l’allestimento di chill out, ossia sale di decompressione, al fine di evitare collassi ed ipertermie, l’esigenza di avere a disposizione acqua gratis per il rischio di disidratazione, l’indicazione di sostenere la presenza di operatori della notte nei locali, sono state inascoltate dagli organizzatori, da tutti i politici locali, e dalla legislazione sulle droghe. Inascoltati dal governo del paese che è riuscito, nel pieno del fenomeno, a partorire nel 2006 la legge più inappropriata e incostituzionale, la Fini-Giovanardi. Così abbiamo locali che per paura di essere chiusi non denunciano il consumo, non chiedono interventi di informazione, riduzione dei rischi e primo soccorso ma si limitano ipocritamente allo slogan “La droga fa male”n el tentativo goffo di pulirsi la coscienza.

Ora si riparte con gli untori, con gli “spacciatori” di 19 anni, con i cani nelle scuole, con il grido della tolleranza zero, con le perquisizioni, i controlli, senza pensare che è proprio questo atteggiamento a senso unico che vede solo la soluzione repressiva a creare i danni. Sono passate forse due generazioni di ragazzi e ragazze consumatori di droghe a rischio, spesso poliassuntori, che non si preoccupano di conoscere quello che assumono, che non riescono a fidarsi dell’adulto per parlare e confrontarsi perché lo vedono solo e sempre come controllore, che non chiamano l’ambulanza per l’amico per paura di essere denunciati, che quando arrivano al pronto soccorso non hanno il coraggio di dire il se, il cosa e il come della loro assunzione di droghe, chiusi nell’omertà del “fuorilegge”. Tutto questo purtroppo non serve ad aprire gli occhi ai nostri politici, ma, ad esempio in Inghilterra, molti genitori chiedono a gran voce un cambio di rotta.

Per questo il colpevole non è da cercare tra i fruitori della discoteca ma negli adulti che non sono in grado di fare un discorso politico coerente, preoccupati solo di mostrare i muscoli. La politica che si deresponsabilizza è la peggior risposta alla morte di Lamberto. Responsabile è chi non decide e discute su una legislazione coerente sulle droghe. Dal 2000 non è ancora stata indetta, in questo panorama di globalizzazione e cambiamento, una conferenza nazionale sulle politiche sulle droghe degna di questo nome, come previsto dalla legge 309 del 1990.

Troppo spesso la politica ha tentato di mettere in un angolo gli interventi “salvavita” di riduzione del danno, con l’intenzione di cancellarli per sempre, ed ha rinunciato a mettere al centro del dibattito una legislazione coerente sulle droghe, abbandonando così le nuove generazioni allo sballo mortifero, alla precarietà, all’ignoranza, al carcere.

Beatrice Bassini, Forum Droghe