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La clamorosa notizia delle “sigarette cardinalizie”, apparsa su Repubblica del 9 ottobre (p.24), fa riflettere sulle contraddizioni di chi si accanisce contro i consumatori di droghe illecite, e in particolare di cannabis – comprese le demonizzazioni vaticane, notevolmente amplificate dalla popolarità di Bergoglio, il quale ripetutamente torna su questo argomento. Per chi non avesse visto il succitato articolo: tra i vari benefici di cui fruiscono cittadini sia vaticani, sia italiani dipendenti della Santa Sede (benzina scontata, &c) – benefici che tra l’altro servono come integrazione, a spese di quelli di noi che pagano le tasse, dei salari vaticani spesso piuttosto bassotti – spiccano i 500 (diconsi cinquecento) pacchetti di sigarette al mese cui hanno diritto i porporati: in parte a prezzo “normale”, cioè già fortemente scontato date le esenzioni fiscali concordatarie mussoliniane e poi craxiane, in parte a prezzo ulteriormente ridotto. L’articolo avanza dubbi sulla destinazione di tali imponenti quantità di droga: quanta parte se ne va in regalini a parenti, amici, clientes? quanto invece passa a un elettronico “mercato grigio”? Ma questo dilemma, in verità, poco ci interessa; ci interessa piuttoso lo stridente contrasto – cautamente ignorato dai vari schieramenti sociali e politici, forse anche per evitare una impopolare critica a Bergoglio – tra il proibizionismo duro e puro nei riguardi delle droghe illecite e questa elargizione urbi et orbi di una droga al top della patogenicità. Tra l’altro, pur dopo alcune misure limitative introdotte a seguito di passati scandali, sono proseguite in diverse forme le manipolazioni operate dalle multinazionali del tabacco al fine di accrescere il già forte potenziale della nicotina di indurre dipendenza; un potenziale, secondo gli esperti, addirittura superiore a quelli dell’eroina, degli psicostimolanti e del crack. Insomma, stretta la foglia della cannabis, ma larga la manica per Nicotiana tabacum…

L’iconoclasta.