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patente300.jpgLa Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sull’art. 187 del Codice della Strada e sulle modalità di accertamento dello stato di alterazione da sostanze stupefacenti con la sentenza n. 2762 del 18 gennaio scorso, riguardante un guidatore risultato positivo alla cannabis. In particolare la IV Sezione ribadisce che non è necessaria la visita medica per accertare se una persona sia o meno in stato di alterazione da stupefacenti, una volta che la stessa sia risultata positiva ai controlli su campioni di liquidi biologici .
La questione è di non poco momento, stante che “il reato di cui all’art. 187 del Codice della Strada punisce la condotta di chi si sia posto alla guida in stato di alterazione psicofisica determinato dall’assunzione di sostanze stupefacenti e non già dalla attività di guida del consumatore di stupefacenti che non sia in stato di alterazione, sicché si renderà necessario  ai fini di un giudizio di responsabilità provare non solo la precedente assunzione ma anche che il conducente abbia guidato in stato di alterazione causato da tale assunzione”. In altre parole, secondo la Cassazione, è punibile solo la guida sotto l’effetto delle sostanze; non è invece punibile chi, pur avendo consumato precedentemente sostanze, si sia messo alla guida quando l’effetto psicoattivo si sia esaurito.
Ai fini della configurabilità dell’art. 187 si rende quindi necessario sia un accertamento tecnico – biologico sia che altre circostanze provino la situazione di alterazione (vedi sentenze della IV sezione penale n.41796 e n.33312).
La sentenza in verità assai sbrigativa, riprende una analoga pronuncia sempre della IV sezione ( n. 48004) stabilendo che ai fini della prova dello stato di alterazione, una volta accertata la positività degli accertamenti biologici che dimostrano l’assunzione, non si renda necessaria una visita medica che accerti tale stato ma sia sufficiente far riferimento all’apprezzamento delle deposizioni raccolte e al contesto in cui si è realizzato il fatto.
In tal modo il giudizio viene affidato alla descrizione soggettiva e ad elementi non scientificamente sicuri. Infatti, ci si riferisce ai verbali delle forze dell’ordine che nella prassi ricorrono a formule di rito o a clausole di stile, quali eloquio sconnesso, occhi rossi, sudorazione elevata, agitazione, respiro affannoso. La descrizione del comportamento è quindi basata su mere impressioni di  persone senza competenza specifica e senza una qualificazione medica e/o sanitaria. Nel caso particolare su cui si è pronunciata la Cassazione nel gennaio scorso, la reazione emotiva e di paura, umanamente comprensibile, del conducente al fermo dei carabinieri è stata così superficialmente attribuita all’effetto della cannabis, che però era stata consumata giorni addietro. 
Peraltro, la stessa Cassazione e molti Tribunali, quali quelli di Ivrea e Bologna, non ritengono attendibili ai fini di un giudizio di responsabilità gli accertamenti biologici compiuti col solo prelievo delle urine in quanto non  dimostrano con certezza lo stato di alterazione psicofisica.