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dpa-web.pngIl 2012 si chiude con un bilancio assai negativo per le politiche pubbliche sulle droghe. Molti servizi chiusi, enti ausiliari e Ser.T. in gravi difficoltà economica, operatori senza lavoro, tanti utenti senza risposte, tante opportunità terapeutiche e tanti diritti cancellati. Non consola che in questi mesi nessuno dal governo abbia infierito sul ricordo di Stefano Cucchi e delle tante altre vittime della legislazione repressiva voluta dal Governo Berlusconi: se gli aspetti più tragicomici sono scomparsi con Giovanardi, il Dipartimento Politiche Antidroga e il suo direttore continuano a lavorare in modo ideologico contro grande parte della società, della policy community sulle droghe ed in contrasto con molte Regioni.

Mentre in tutto il mondo si moltiplicano prese di posizione di premi Nobel, capi di governo, intellettuali, di alcuni Stati degli USA, a favore di un ripensamento della regolazione internazionale delle droghe, Giovanni Serpelloni accumula sacchetti di sabbia e cavalli di frisia per difendere la sua posizione di responsabile nella ridotta del DPA. Basta dare un’occhiata al sito del Dipartimento per vedere quanto ci costi, in termini economici e scientifici, tale arroccamento. Un comitato scientifico (ex) nazionale dove compare un solo esponente di un istituto italiano, cosa che umilia l’intera comunità scientifica nazionale; una newsletter che riporta ricerche scelte allo scopo di sostenere l’approccio oscurantista del Dpa (nella categoria “prevenzione” si può leggere: “Cannabis: l’uso frequente può essere causa di lesioni involontarie”); una quantità di pubblicazioni tanto faraoniche nell’edizione quanto di dubbia qualità nei contenuti; progetti da 345.000 euro che, invece di favorire la sicurezza nei rave, mettono a rischio migliaia di frequentatori e gli operatori delle Forze dell’Ordine come è successo qualche mese fa a Cusago.

Due recenti iniziative meritano una particolare attenzione. La prima è la seconda edizione della Scuola Nazionale sulle Dipendenze che, per i docenti incaricati e i temi proposti, non tiene in nessun conto degli approcci teorici, delle metodologie, delle esperienze di grande parte degli uomini e delle donne dei servizi pubblici e del privato sociale ai quali (solo sulla carta) tale scuola è rivolta e impone una visione e un paradigma culturale. La seconda iniziativa è l’accordo siglato tra il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e il Dipartimento Politiche Antidroga che: “mira a definire e condividere i concetti di base per poter realizzare strategie ed interventi di prevenzione finalizzati ad evitare l’inizio dell’uso di sostanze stupefacenti e l’abuso alcolico o poterne ritardare l’inizio proprio nella popolazione giovanile”. Ancora una volta, l’approccio scelto è quello centralista, in spregio delle autonomie regionali e delle peculiarità geografiche, che impone dall’alto “delle videoconferenze con esperti nel campo delle dipendenze e delle neuroscienze, utilizzabili come materiale didattico riguardo il tema dell’uso di droghe e dell’abuso alcolico; nonché kit informativi e didattici per un aggiornamento continuo dei docenti sul tema”. Insomma, una sorta di sussidiario unico nazionale sul consumo di droga, di alcol e anche sul gioco d’azzardo patologico. Cannabis, spritz e gratta e vinci, tutto insieme: roba da non credere, roba da MinCulPop.