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Nella latitanza di ogni valutazione circa le politiche delle droghe, spicca come perla rara uno studio sull’applicazione dell’art.75 della legge antidroga: le norme sulla segnalazione ai Prefetti dei soggetti fermati con quantitativi di droghe illegali per uso personale, con le procedure conseguenti e le sanzioni amministrative previste. La ricerca, commissionata nel 2007 dall’allora ministro Paolo Ferrero a cinque università italiane, fu poi bloccata nella pubblicazione da Carlo Giovanardi e Giovanni Serpelloni (che, con spirito maccartista e senza tema di ridicolo, si spenzolarono in severi giudizi perfino sulla metodologia scientifica utilizzata). E’ perciò uscita da poco, grazie alla perseveranza e all’impegno economico degli stessi dipartimenti coinvolti, come si legge in apertura del volume (Consumo di droghe e sanzioni amministrative, a cura di Franco Prina, Franco Angeli, Milano, 2011) che sarà presentato a Firenze a Palazzo Vecchio il 6 settembre.
La vicenda di censura ha il solo merito di far risaltare la rilevanza di questo lavoro, ad iniziare dall’oggetto stesso d’indagine e dal suo impatto sociale. Colpisce il volume delle segnalazioni: 740.000 i “prefettati”, dal 1990 al 2006. I dati successivi, fino agli ultimi reperibili del 2010, confermano che poco meno di 50.000 consumatori entrano ogni anno nel circuito prefettizio. Nel tempo si è intensificata la pressione verso i consumatori di canapa (74% dei segnalati, di fronte al 13% per cocaina e all’11% per oppiacei, secondo i dati 2010).
Lo studio approfondisce il carattere complesso del meccanismo sanzionatorio, a cavallo fra funzione dissuasiva/educativa e funzione punitiva. Nella storia delle politiche sulla droga, fin dalla legge Jervolino Vassalli, al controllo penale si è aggiunto/sostituito il controllo sociale, affidato al sistema dei servizi. Proprio tale “commistione” fra punizione e presa in carico, che nei Not (Nuclei Operativi Tossicodipendenze presso le Prefetture) si rende visibile alla lettera, rende preziosa l’indagine fra gli operatori sui significati attribuibili/attribuititi alle norme (che tanto influenzano l’applicazione delle stesse).
La dialettica fra norma e percezione/rielaborazione della stessa alla luce della mission dell’operatore è tanto più decisiva a fronte del mutamento normativo del 2006, che ha accentuato la portata repressiva dell’art.75. Crescono perciò le sanzioni amministrative (quasi raddoppiate in 4 anni, passando da 8180 del 2006 a 16.154 nel 2010, vedi il Terzo Libro Bianco sulla Fini-Giovanardi). Tuttavia, la ricerca evidenzia una tendenza ad ammortizzare le storture normative più macroscopiche: ad esempio alcuni Not si “inventano” una procedura per invogliare i consumatori a sottoporsi ad un programma terapeutico, ripristinandolo di fatto come alternativo alla sanzione secondo il dettato legislativo antecedente alle modifiche del 2006.
Allo stesso modo, la maggiore durata delle sanzioni è compensata dalla scelta di molti operatori di non comminare le sanzioni più lunghe.
Spunti preziosi si trovano nella parte della ricerca sui consumatori segnalati (oltre 300): circa il 90% dichiara di non aver interrotto il consumo. Fra le ragioni addotte: l’eccessivo lasso temporale fra il momento del fermo, il colloquio al Not e la sanzione; nonché l’idea di aver subito una sanzione ingiusta, per un comportamento ritenuto non dannoso né a sé né agli altri.