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vino.jpgAccanto alla lotta agli abusi patogeni delle droghe legali, come il tabacco e gli alcolici  – una lotta tuttavia spesso condotta in tono minore  per rispetto delle “compatibilità” economiche e fiscali – da qualche tempo l’Oms e alcune istituzioni sanitarie nazionali (comprese le nostre) hanno avviato una pesante campagna per la “tolleranza zero” verso l’alcol. I sostenitori della tolleranza zero usano dati che mostrerebbero come i benefici (soprattutto cardiovascolari) del bere moderato siano inferiori alla somma dei danni prodotti a vari altri organi e sistemi. Questo è vivacemente contestato da diverse parti di indubbia competenza: queste  tra l’altro sottolineano come una tale “algebra” sia taroccata, non tenendo conto né dei benefici psicologici e fisici del bere moderato, principalmente ai pasti, né dell’azione preventiva che l’educazione alla moderazione può esercitare nei riguardi del bere a rischio, come il binge drinking, da parte di adolescenti e giovani. 

La buona scienza medico-sanitaria saggiamente prescrive che un risultato è tanto più solido quanto più concordano i dati empirici – per esempio quelli clinici ed epidemiologici – con i dati riguardanti sia i meccanismi di produzione di una data patologia, sia i meccanismi d’azione delle misure preventive e terapeutiche.  Pertanto appaiono significativi i risultati pubblicati da Roberta Cazzola e Benvenuto Cestaro della Facoltà medica di Milano in Food Rearch International (v. 44, p. 3065-3071, 2011). In estrema semplificazione, essi hanno mostrato che i polifenoli del vino rosso sono particolarmente attivi nel ridurre quella perossidazione degli acidi grassi la quale giuoca un ruolo importante nelle reazioni infiammatorie  corresponsabili della produzione di lesioni vascolari.

La strategia del “consumo zero” è ulteriormente messa in difficoltà da alcuni dati presentati di recente al congresso della Società Respiratoria Europea. Uno studio olandese su circa ventimila gemelli ha mostrato che l’assunzione di piccole quantità di alcol (da 1 a 6 unità alla settimana) riduce la frequenza di asma. Si tratta di quantitativi assai bassi (per esempio  una bottiglia di vino di 75 ml al 12 % di alcol corrisponde a 9 unità). D’altra parte era già ampiamente noto che i grandi bevitori hanno una aumentata frequenza di asma,  oltre alle altre  patologie più conosciute come quelle nervose, epatiche e renali.

Nel  torneo pro-contro “tolleranza zero”, insomma, pare vi siano ancora parecchi set da giocare; ma per concludere può essere utile ricordare alcune importanti questioni ancora non risolte.

Secondo alcune analisi, per esempio, la credenza che i benefici delle piccole dosi si otterrebbero soprattutto o soltanto bevendo vino rosso sarebbe infondata: cioè a parità di (piccole) quantità di alcol, gli stessi benefici si otterrebbero con qualsiasi bevanda, dalla birra più “leggera” al superalcolico più “pesante”.

Altro esempio. Se è vero che le culture dei paesi nordici e quelle dei paesi mediterranei tendono a convergere, poiché cresce nei primi l’uso del bere moderato e nei secondi il binge drinking, tuttavia l’effetto preventivo del bere moderato rispetto all’uso eccessivo si osserverebbe solo nelle culture mediterranee (come l’ Italia) ma non nei paesi nordici. E così via.