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A prima vista può sorprendere la notizia che il commercio dei farmaci contraffatti rende molto di più del commercio di droga.

Ma la sorpresa svanisce ripensando a come si è sviluppata e articolata negli scorsi decenni la catena di Sant’Antonio della produzione, promozione, prescrizione, vendita e consumo di farmaci: cioè sfruttando gli innegabili straordinari progressi in molti settori della terapia per compiere una serie di operazioni funzionali alla dilatazione dei fatturati e dei profitti, molto al di là dei bisogni reali. In estrema sintesi: l’uso impropriamente gonfiato dei farmaci pur validi (basti pensare agli antibiotici); il trucco del “nuovi farmaci” equivalenti ai vecchi,  ma molte volte più costosi; le connivenze tra le varie parti per spacciare farmaci e integratori dall’efficacia marginale, o di non provata efficacia, come fossero farmaci essenziali o addirittura salvavita; la spinta alla medicalizzazione e alla “cura” farmacolotica di molti problemi non medici della vita quotidiana; l’allettante invito ai sani di assumere farmaci per “funzionare meglio”, per gareggiare più vantaggiosamente col prossimo sul lavoro, in famiglia, nella vita sociale; e chi più ne ha più ne metta. In questo contesto, grazie anche al crescente potere di penetrazione della pubblicità in rete – palese e occulta –  un bel giorno molta gente ha scoperto altri e apparentemente più economici canali di rifornimento; quindi ha imparato a passare per il pc e la “bancarella” on line, anziché per il medico e la farmacia, ed è rimasta regolarmente fregata.

Così in breve tempo si è prodotto il miracolo più grande: un dollaro o un euro investiti nel business dei farmaci tarocchi si moltiplicano per 2500, contro una moltiplica per 16 nel narcotraffico (e senza il rischio di finire sparati e decapitati, o soffocati in un blocco di cemento, o sciolti nell’acido).