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Esisteva, un tempo, il Fondo Nazionale Lotta alla Droga. Istituito dal Testo Unico 309 del ‘90, è stato gestito interamente dai Governi fino all’emanazione della legge 45 del ‘99 che ne ha disposto il trasferimento alle Regioni per il 75% ed ha riservato allo Stato il 25%. Con l’approvazione della legge 328/2000 e, subito dopo, con la modifica del Titolo V della Costituzione Italiana, la quota del 75% destinata alle Regioni è confluita nel Fondo Nazionale Politiche Sociali che la legge finanziaria del 2002 ha attribuito alle Regioni “senza vincolo di destinazione”. Da quel momento le Regioni si sono regolate, più o meno saggiamente, per la destinazione delle risorse dedicate alla droga all’interno del Fondo Regionale Politiche Sociali. Il restante 25% è stato a volte sacrificato, a volte saccheggiato, a volte stornato dalla destinazione prevista e mai abolita.
Quest’anno il Dipartimento per le politiche antidroga ha reperito oltre 26 milioni di euro con i quali ha elaborato un “Piano dei Progetti 2010”.
Una prima questione è l’apparente distanza tra il complesso dei progetti previsti ed i compiti istituzionali del Dipartimento. Nel testo si legge che il Dipartimento ha “realizzato interventi a tutto campo” e, dall’esame delle schede dei 49 progetti, l’affermazione appare vera. Tuttavia il Decreto istitutivo del nuovo Dipartimento, dell’ottobre 2009, dice che esso deve “promuovere, indirizzare e coordinare l’azione di Governo” … “nonché promuovere e realizzare attività di collaborazione con le pubbliche amministrazioni competenti nello specifico settore, le associazioni, le comunità terapeutiche, i centri di accoglienza”. Quindi le attività, secondo il nostro ordinamento, sono compito dei soggetti specificatamente indicati, ed il Dipartimento ha il compito di coordinare e collaborare. Ora, la funzione di una quota nazionale di risorse dovrebbe essere quella di favorire  interventi nel campo della prevenzione, della cura, della riabilitazione e del reinserimento dei tossicodipendenti, svolti dai soggetti deputati. La funzione di collaborazione del Dipartimento si sostanzia, sempre secondo il Decreto istitutivo, nel provvedere “alla raccolta della documentazione sulle tossicodipendenze, alla definizione e all’aggiornamento delle metodologie per la rilevazione, l’elaborazione, la valutazione ed il trasferimento all’esterno delle informazioni sulle tossicodipendenze”; “cura, inoltre la definizione ed il monitoraggio del Piano di azione definendo e concretando forme di coordinamento e strategie di intervento con le regioni, le province autonome e le organizzazione del privato sociale accreditato”. Cercando di semplificare: il Dipartimento non attiva (non dovrebbe attivare) interventi, ma collabora e coordina le attività con i soggetti elencati nel Decreto, le Regioni in testa. Al contrario, nella presentazione del Piano, il Capo del Dipartimento, Giovanni Serpelloni scrive che si è voluto interrompere la consuetudine per cui la gestione tecnica e finanziaria era totalmente delegata alle Regioni poiché i progetti erano troppo localizzati, poco valutabili e privi di coordinamento. Non mi addentro sulla legittimità delle scelte di cui dovrebbero dolersi le Regioni; sottolineo  soltanto che la volontà di non delegare alle Regioni non può significare la loro esclusione quasi totale, come avviene nel Piano Progetti 2010 (ad eccezione della Regione Sardegna che ha la titolarità del  progetto di reinserimento sociale); magari utilizzando la scorciatoia del coinvolgimento diretto delle Aziende Sanitarie ed ingaggiando altri soggetti come le organizzazioni internazionali, Università e centri di ricerca,  le Ferrovie dello Stato, ecc.
Lo spazio limitato di questa rubrica non consente di entrare nel merito dei 49 progetti, sui quali sarà opportuno che si esprima l’intera policy community.  Una sola annotazione: a parte che dovrebbe essere il Ministero della salute a promuovere studi e ricerche (secondo l’articolo 2 DPR 309/90), la presenza di molti progetti di ricerca (in gran parte nell’ambito delle neuroscienze) non centrati, come prescritto dal decreto istitutivo del Dipartimento, nel campo dell’incidentalità correlate all’uso di droga e alcol, sottrae risorse ai compiti prioritari del Dipartimento.