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Il fallimento della “war on drugs”. Il rapporto parte dall’osservazione che la “war on drugs” ha fallito. La violenza legata al narcotraffico è in aumento e la situazione si fa ogni giorno più grave. «Le politiche proibizioniste basate sull’eradicazione della produzione e sull’eliminazione dei flussi di traffico, nonché sulla criminalizzazione del consumo – si legge nel rapporto – non hanno dato i risultati sperati. Siamo più lontani che mai dall’obiettivo annunciato di eradicare le droghe».
L’America latina è il principale esportatore globale di cocaina e cannabis, la produzione di oppio e eroina sta aumentando, e sta crescendo anche la capacità di produrre droghe sintetiche. Nel frattempo il consumo di droghe continua a crescere mentre, osservano gli autori del rapporto, c’è una stabilizzazione in America del Nord e in Europa. «Una revisione profonda delle attuali politiche sulle droghe in America Latina è ancora più urgente, alla luce degli enormi costi umani e sociali e delle minacce per le istituzioni democratiche».
Lanciare il dibattito. Le attuali politiche di repressione sono saldamente radicate nel pregiudizio, nella paura e nell’ideologia. L’intera questione, osserva il rapporto, è diventata tabù. Perciò è necessario rompere il silenzio e lanciare il dibattito sulla strategie alternative coinvolgendo settori della società che finora sono rimasti lontani dalla questione delle droghe, demandandone la soluzione alle pubbliche autorità. Pur non negando l’importanza dell’attività di contrasto nei confronti dei gruppi criminali, gli autori giudicano necessario perseguire politiche più efficaci e rispettose dei diritti umani, che tengano presenti le diverse situazioni nazionali puntando sulla prevenzione e sul trattamento.
Gli effetti non voluti. È necessario, si legge nel rapporto, operare una revisione critica delle deficienze della strategia proibizionista adottata dagli Stati Uniti, e i benefici e gli inconvenienti della strategia di riduzione del danno seguita dall’Unione Europea.
Il rapporto individua un chiaro esempio dei limiti delle politiche repressive promosse dagli Usa nella Colombia, dove le aree di coltivazione illegale stanno aumentando nonostante tutti gli sforzi compiuti. Come sottolineano gli autori, «la politica europea basata sulla riduzione dei danni causati dal consumo di droghe, come questione di salute pubblica attraverso l’offerta di trattamento per i consumatori, si è dimostrata più umana ed efficacie».
Il Messico è diventato l’altro epicentro delle attività violente dei cartelli criminali. Proprio per questo motivo, secondo gli autori del rapporto, il Messico dovrebbe ridiscutere le politiche finora perseguite dagli Usa, e chiedere ai paesi europei «uno sforzo maggiore per ridurre il consumo di droghe interno». Secondo il rapporto infatti, «la soluzione a lungo termine per il problema della droga è ridurre drasticamente la domanda di droghe nei principali paesi consumatori».
Verso un nuovo paradigma. La Commissione latino-americana sulle droghe e la democrazia propone un nuovo paradigma basato su tre direttrici essenziali: trattare il consumo di droghe come una questione di salute pubblica; ridurre il consumo attraverso l’informazione, l’educazione e la prevenzione; concentrare la repressione sul crimine organizzato.
Per tradurre questo cambiamento di paradigma in politiche concrete, il rapporto propone ai paesi dell’America latina l’adozione di alcune iniziative quali: modificare lo status dei tossicodipendenti togliendoli dal mercato della strada per inserirli nel sistema sanitario pubblico; valutare l’opportunità di depenalizzare il possesso di canapa per uso personale in base alle più avanzate evidenze scientifiche e in base a considerazioni di salute pubblica; ridurre il consumo attraverso campagne di informazione e prevenzione adatte ai giovani; indirizzare le strategie repressive verso la lotta al crimine organizzato; promuovere programmi di sviluppo alternativo delle colture, ma tutelando le culture locali tradizionali come nel caso dell’uso ancestrale della foglia di coca. (m.i.)