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Venerdi' 19 Marzo 1999


"Così possiamo curarci con la marijuana"
Gruppo di studiosi ne chiede la liberalizzazione per uso medico con speciali inalatori
Ricerca Usa: combatte la nausea e fa bene per l'Aids

Riduce l'ansia, attenua il dolore acuto, toglie la nausea da chemioterapia, combatte la perdita di peso associata all'Aids, riduce i sintomi della sclerosi multipla. E' la marijuana, droga secondo l'opinione corrente, farmaco sottoutilizzato secondo undici scienziati dell'Istituto di medicina di Washington, che hanno presentato mercoledì lo studio più completo sull'argomento.
Secondo la ricerca, il principio attivo della canapa indiana e dei suoi derivati (il thc) deve essere utilizzato in ambito medico sui pazienti che non hanno risposto ad altri trattamenti. Il problema è la modalità di somministrazione. Il fumo fa male più delle sigarette - ricordano i ricercatori -: danneggia i polmoni, provoca il cancro e dà complicazioni in gravidanza. Meglio allora assumere il principio attivo in altre forme. Esiste già un prodotto in pillole, il "Marinol", autorizzato dalla Food and drugs administration nel 1985, ma i pazienti si lamentano: troppo caro rispetto alla marijuana e troppo lento ad agire rispetto al fumo. Gli effetti migliori si avrebbero con gli inalatori oggi impiegati dai malati di asma, che permetterebbero l'immediato assorbimento delle sostanze attive senza gli effetti novici del fumo.
La messa a punto di un sistema di somministrazione sicuro ed efficace, stando ai ricercatori dell'Istituto nazionale di medicina di Washington (branca della National Academy of sciences), servirà a definire l'uso medico dei cannabinoli. Per alcuni pazienti di Aids o sclerosi multipla che non rispondono ad altri rimedi, la marijuana dà sollievo, e pazienza se uno spinello contiene più catrame di una sigaretta.
"I cannabinoli sono una fonte sottoutilizzata di farmaci", ha detto ieri Stanley Watson dell'University of Michigan, uno dei condirettori dello studio commissionato dall'Ufficio per la politica di controllo dei farmaci della Casa Bianca.
La ricerca, la più approfondito nel suo genere, ha suscitato un certo scalpore perché scagiona marijuana e hashish da molte accuse: non causano vera dipendenza, non inducono all'uso di droghe pesanti e hanno moderata utilità medica.
Se per i responsabili della struttura medica del governo Usa lo studio rappresenta un'indicazione valida e una raccomandazione fondata ma richiede altre conferme scientifiche, secondo i ricercatori guidati da Watson alcune conoscenze si possono già considerare assodate. Mentre nel trattamento di disturbi come il glaucoma e il morbo di Parkinson la marijuana sembra avere soltanto effetti minori e transitori, contrariamente a certe teorie, non c'è dubbio della sua utilità contro ansie e dolori acuti. Tanto che "bisognerebbe svolgere test clinici con i cannabinoli allo scopo di sviluppare un inalatore", ha suggerito Watson, ricordando che le pillole hanno tempi d'azione più lunghi ed effetti molto variabili da individuo a individuo.
In America il dibattito è aperto. I medici hanno paura a prescrivere il principio attivo della marijuana perché il governo federale li ha minacciati di sanzioni. Qualcuno invia i propri pazienti in Europa. Un malato di epatite C ha raccontato al New York Times: "Avevo perso 43 chili. Ho provato 35 tipi di pillole. Alla fine il dottore mi ha detto di andare in Europa e di tentare con la marijuana. Sono stato in Olanda, dove un medico me ne ha prescritti da uno a due grammi al giorno. I risultati? La nausea è diminuita e la perdita di peso si è arrestata".

Stefano Mancini

  
Sullo stesso numero della Stampa è apparsa una intervista al prof. Enzo Chiesara
che ci sembra espressione di un atteggiamento "pregiudiziale" abbastanza diffuso nel mondo scientifico italiano.
L'intervista ha suscitato una
lettera di risposta
che è stata pubblicata il 23 marzo.

Se volete inviare un vostro commento scrivete a lettere@lastampa.it

Il testo integrale del
Rapporto del National Academy of Sciences Institute of Medicine è disponibile in rete.


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