il manifesto
6 febbraio 1999

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GIANFRANCO BETTIN

"Eppure ci sono buone esperienze anche da noi"

- A.P. - MESTRE

L e città europee si muovono, i governi son fermi o arretrano. Così in Olanda, Germania, Gran Bretagna, Svizzera, ma ancor più in Italia dove neppure i governi locali sembrano voler azzardare, come invece si fa altrove. Gianfranco Bettin è prosindaco di Venezia e sindaco di Mestre, due esperienze dove qualcosa si sta muovendo nel contesto duro del Veneto, storicamente una delle regioni con più consumo e morti di droga.

Dove nasce questa schizofrenia tra esperienze comunali avanzate e governi nazionali paralizzati?

Nasce dall'esperienza, perché nelle città italiane si è prodotta una delle poche novità degli ultimi anni: la riduzione del danno. Mentre i governi centrali sono ancora presi dal dilemma ideologico proibizionismo o antiproibizionismo.

In Europa ora c'è un coordinamento di città per la politica sulle droghe, ne fan parte anche Venezia, Bologna, Torino, Padova e altri centri. Ma che possono fare senza leggi nazionali coerenti?

Possono fare tutto, purché decidano di avere coraggio e prendersi grandi responsabilità. Un piccolo esempio: qui a Mestre c'era un medico, purtroppo morto pochi giorni fa, che ogni giorno distribuiva Tamgesic a 5-600 tossicodipendenti. Bene, al funerale un suo paziente si è alzato a dire "grazie a te tutti noi passavamo la mattina a prendere la medicina e poi andavamo a fare la nostra vita normale senza doverci sbattere per rimediare il farmaco". Ecco, questo è uno dei tanti modi di "ridurre il danno". Insomma, ci vorrebbe che l'Anci assumesse i progetti delle città e li mettesse in rete approfittando anche della possibile riforma che assegna più poteri ai comuni. E che il governo fosse più conseguente con gli impegni presi alla conferenza di Napoli. Se invece finisce come con la fecondazione, siamo morti.

A proposito di farmaci, l'ultimo rapporto interministeriale francese classifica come droghe anche psicofarmaci, tabacco, alcol, e "assolve" hascisc e marijuana. Che ne pensa?

Condivido l'impianto, ma la nostra situazione è assai diversa dalla Francia. Lì ci si muove nell'ambito classico di un forte potere pubblico e di un privato altrettanto forte. E le risposte sono prevalentemente mediche e farmacologiche, mentre in Italia l'approccio si orienta sul versante sociosanitario.


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