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SIRACUSA – Un detenuto si è tolto la vita la notte scorsa, impiccandosi. L’ennesimo suicidio in cella è avvenuto nel carcere di Siracusa. L’agente di sorveglianza non ha potuto fare nulla per salvare la vita al detenuto. La vittima, L. C., accusato di estorsione e rinchiuso nel reparto “isolati” della struttura, già la settimana scorsa aveva commesso atti di autolesionismo ingoiando lamette da barba.

Il carcere dimenticato
Un gesto estremo che fa riemergere le difficoltà del sistema carcerario italiano.  “Una strage senza fine che si consuma ogni giorno dietro le sbarre delle nostre degradate e sudice galere – ha spiegato il sindacalista della Uilpa penitenziari Eugenio Sarno, diffondendo la notizia – . Suicidi ed evasioni certificano il fallimento del sistema penitenziario sempre più abbandonato al proprio, ineluttabile, destino. Il personale, allo stremo e prosciugato di tutte le residue energie psico-fisiche, nulla può opporre alle fughe. Siano esse dalle mura, piuttosto che dalle vite. Nostro malgrado siamo costretti ad alzare bandiera bianca, consapevoli che la nostra bandiera bianca è quella dello Stato. Altro che governo della sicurezza. Questo è il governo dei record abbattuti: evasioni e suicidi”.

L’emergenza
Sembra cambiare in peggio la vita negli istituti di pena del paese. I dati fotografano un sistema al collasso e una situazione dove le emergenze sono all’ordine del giorno. Secondo l’Osservatorio permanente sulle morti in carcere, dall’inizio dell’anno 39 detenuti si sono suicidati nei penitenziari italiani. Il totale dei detenuti morti nel 2010, tra suicidi, malattie e cause da accertare arriva a 109: negli ultimi 10 anni i “morti di carcere” sono stati 1.707, di cui 595 per suicidio.

Per gli esperti molto è dovuto alle cattive condizioni di vita dietro le sbarre che nei mesi sembra peggiorare. Disagi e sovraffollamento sono i problemi principali con cui hanno a che fare i reclusi e le persone che lavorano nelle carceri. In tutto sono circa 65mila, in strutture che ne dovrebbero ospitare al massimo 43mila. Spesso, per problemi di spazio, i detenuti sono costretti a stare a letto tutto il giorno. E poi c’è sempre meno tempo per quello che riguarda le attività riabilitative.

“Tutto viene compresso e contratto. Con questi grandi numeri e con poche risorse non si può andare avanti – spiega Antonino Levita vice presidente nazionale dell’Amapi, l’Associazione dei medici dell’amministrazione penitenziaria e coordinatore dei medici penitenziari in Sicilia – . Non c’è spazio per i letti, ma è ridotto anche il tempo da dedicare alle attività ricreative. In alcuni istituti non ci sono i fondi per le mercedi ai detenuti, una forma di compenso per i lavori di ristrutturazione e di pulizia assegnati ai reclusi “.

E poi mancano gli psichiatri e gli psicologi che hanno un ruolo fondamentale soprattutto nei primi giorni di detenzione. “Le strutture sono fatiscenti e ci sono problemi di igiene – conclude Levita – . In Sicilia, ma anche altrove, non ci sono fondi per i farmaci e per il personale sanitario”.