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L’oppio è legato a doppio filo alla storia dell’uomo, e della donna! Nella civiltà greco-romana, oltre ad avere un uso terapeutico, il papavero da oppio era associato a divinità femminili della fertilità agraria e vi sono indizi che abbia avuto impieghi rituali in culti misterici.[1] Non è però documentato un suo uso voluttuario da parte di entrambi i generi. L’uso voluttuario in ambito artistico letterario è stato reso famoso negli anni 20 dell’800 da “Le confessioni di un mangiatore d’oppio” di Thomas De Quincey. Lungi dall’essere un’abitudine prettamente maschile, nuovi studi accademici hanno rivelato che molte famose scrittrici della letteratura inglese a cavallo tra il 1700 e il 1800 erano ugualmente dedite all’uso di oppio. Mentre uomini come De Quincey o Coleridge furono i primi a scrivere apertamente del legame tra l’oppio e le loro ispirazioni creative, e per questo sono vengono indicati come gli iniziatori della tradizione inglese di letteratura e sostanze, le scrittrici donne tendevano invece a vivere l’uso di oppio come un conforto e un modo per affrontare le esigenze della vita artistica. Nomi famosi sono Elizabeth Barrett Browning e George Eliot (pseudonimo per Mary Anne Evans), o Mary Robinson, scrittrice e attrice, che ben prima di Coleridge parlò del laudano come ispirazione della sua poesia. Scrisse ad esempio nel 1791 la poesia “The Maniac” dopo una notte di intense visioni in vasca da bagno sotto l’effetto di laudano, che all’epoca veniva legalmente venduto in Inghilterra.[2] Esisteva comunque una grande differenza di valutazione: mentre per le donne l’oppio era visto solo come una sostanza accessibile per affrontare molti disturbi femminili come i dolori mestruali, la depressione e persino acquietare i bambini durante le malattie, per gli uomini era visto in modo indulgente anche un abuso prettamente ricreativo se fatto da scrittori e intellettuali anticonformisti. Era visto insomma come una forma di “medicina da casalinga” più che per le sue proprietà stimolanti o oneirogene, per la tranquillità che portava alle donne nel fare le faccende in casa o dedicarsi alle attività creative. Durante l’800 le scrittrici e intellettuali fanno uso di oppio e poco ci è stato tramandato delle loro esperienze, le donne di ogni classe sociale sono invece state vittime di un uso terapeutico incontrollato di oppio e della neo-scoperta morfina, diventando infatti le principali vittime di dipendenza fino alla stretta legislativa di inizio 900.[3] Ancora oggi nel mondo le maggiori consumatrici di farmaci oppioidi da prescrizione sono donne. Esiste invece un utilizzo di oppio, sia ricreativo che di automedicazione, che accomuna donne di diversa provenienza geografica, differente età e provenienza sociale; cercheremo di mettere insieme un po’ di nozioni date dalla nostra esperienza e dalle nostre ricerche.

Aneddoticamente viene riportato un uso di oppio da parte di donne e ragazze che ha a che fare sicuramente col piacere nell’utilizzo di questa sostanza: inizialmente l’oppio da una sensazione di lucidità e euforia, in seguito provoca un profondo senso di relax al corpo e alla mente. C’è un rallentamento del respiro, dei movimenti e delle parole. I sensi intorpidiscono, le emozioni si ammorbidiscono, i desideri (anche sessuali) si placano e molti problemi sembrano svanire.[4] Per alcune ore il corpo cade in torpore mentre la mente si abbandona a visioni oniriche che di dissolvono nel sonno. Queste caratteristiche ben si modulano per alleviare stati di ansia e di stress. Sebbene le tacciano e non ne risolvano le cause, possono essere un modo per guardare in modo più distaccato la situazione stressante o ansiogena e abbinarvi sensazioni meno negative. L’emotività gioca un ruolo fondamentale nelle esperienze raccolte per questa sostanza: periodi di forti emozioni, sia negative che positive, ma soprattutto una fitta alternanza di situazioni emotivamente intense può essere difficile da fronteggiare senza sentirsi sovrastate. L’oppio risponde all’esigenza di scarico emotivo, come detto sopra, in quanto assopisce sensi e desideri dando spazio a un neutro confronto con la situazione. Dai resoconti dei trattamenti, le donne che chiedono aiuto per percorsi riabilitativi (non solo della sanità pubblica), sono identificate come ragazze o donne con elevati livelli d’angoscia, con personalità fragili e poco strutturate, con un uso in genere autoterapeutico. A lungo andare il ricercato effetto di stop emotivo tende a sfociare in una “anestesia affettiva”.[3] Anestetizzando le emozioni negative, l’oppio libera la persona dal peso dell’angoscia e le permette di stare meglio, però questa anestesia non è selettiva, anche le altre emozioni intense (amore, amicizia, aspirazioni) si spengono. Le relazioni familiari si affievoliscono, le relazioni amorose possono interrompersi, o si trasformano con la condivisione della sostanza (“amori tossici”), o si formano nuovi legami centrati sulla sostanza e/o sulla codipendenza.

Dal punto di vista più prettamente fisiologico le maggiori segnalazioni che abbiamo raccolto riguardano le interazioni della sostanza con il ciclo mestruale, con il sistema digerente e col ciclo del sonno. Per il ciclo mestruale modificazioni del flusso e della regolarità mestruale. Se da una parte infatti viene utilizzato come antidolorifico nei giorni di ciclo, l’oppio ha un effetto sulla salute mestruale femminile. In caso di anomalie nel ciclo, quello che deve importare maggiormente è accertare se l’anomalia mestruale si accompagni alla presenza o all’assenza di ovulazione. Il ciclo mestruale non è fatto per essere necessariamente un orologio, bensì è fatto per produrre un ovulo: è ben accertato che anche cicli che a una donna sembrano molto irregolari in realtà riescano ad essere ovulatori. L’ovulo, e non la cadenza mestruale rigorosa, è lo scopo biologico del ciclo sessuale femminile.[5] Per cui se compaiono disturbi è bene parlarne al ginecologo: l’amenorrea secondaria che può presentarsi è l’assenza di mestruazioni che compare ad età variabile, ma comunque in donne già in passato mestruate e può essere dovuta all’uso di oppio in quanto come altri farmaci (antipsicotici, antidepressivi triciclici, oppiacei, antiemetici) altera i livelli di prolattina. Si tratta in genere di una condizione transitoria che si risolve spontaneamente diminuendo o interrompendone l’uso. Rispetto al sistema digerente è molto tipica e segnalata nausea anche piuttosto forte: i meccanismi in gioco nella genesi della nausea e del vomito sono molteplici e includono la stimolazione diretta da parte dei principi attivi nell’oppio del centro del vomito, dell’VIII nervo cranico, l’induzione di una gastroparesi (stomaco duro, doloroso e inerte) e stipsi.[6] L’oppio, infatti, è in grado di provocare nausea e vomito in maniera dose-correlata e tendono a risolversi spontaneamente nell’arco di poche ore (ovviamente in modo diverso da persona a persona), se la nausea si protrae a lungo questo è per l’accumulo di metaboliti attivi della morfina nel nostro corpo (es. il M-6-G (morphine-6-glucuronide).[6] È risaputo che le donne soffrono di stitichezza in percentuale maggiore degli uomini questo per diversi motivi: abbiamo un intestino in genere lungo e molto arrotolato, la vicinanza con l’apparato riproduttivo che periodicamente cambia forma influendo sui vicini muscoli del pavimento pelvico e non ultimo lo stress che può manifestarsi in questa forma; è altrettanto noto che gli oppioidi in generale portino stitichezza e disturbi associati (emorroidi interne e/o esterne) per cui ricordiamoci sempre che su di noi questi effetti possono essere particolarmente fastidiosi. Un altro campo di automedicazione dell’oppio è la cura dell’insonnia o dei disturbi del sonno. L’effetto sedativo è dose dipendente e si sviluppa tolleranza molto in fretta (qualche giorno) quindi se non è un uso sporadico può portare addirittura all’effetto contrario ovvero che senza non riesco più a dormire vanificando ogni effetto benefico. Ricordiamo che le donne sono il maggior target di tutta una serie di farmaci da prescrizione per l’ansia e il sonno soprattutto (benzodiazepine etc) che hanno anche loro discreti rischi e effetti collaterali.

Riduzione del danno

Per questa sostanza è difficile stabilire un dosaggio data la variabilità di concentrazione dei principi attivi per cui il dosaggio varia in funzione del peso corporeo, della modalità di consumo e della tolleranza individuale, da 100 mg fino a 1 g. Sono molto pericolosi i mix con eroina, con ketamina e alcol, GHB/GBL, benzodiazepine, codeina, e in generale con tutti gli antidolorifici che contengono oppiacei. Se fumato l’effetto comincia dopo pochi secondi, ingerito o per via rettale dopo alcuni minuti e può durare da qualche ora fino a un giorno. Gli effetti collaterali più comuni sono il rallentamento della respirazione, nausea, vomito, stitichezza, miosi (restringimento delle pupille), sensazioni di freddo, prurito, sonnolenza. Dopo la discesa degli effetti può succedere di avvertire un senso d’insoddisfazione per le cose, di noia, irritazione e a volte di vera e propria momentanea depressione. A lungo termine l’uso regolare di oppio provoca confusione, vuoti di memoria, difficoltà di espressione verbale, mancanza di coordinamento, costipazione estrema e riduzione del desiderio sessuale. L’oppio provoca inoltre assuefazione dell’organismo che può portare ad una dipendenza con sintomi fisici e psichici. La dipendenza è accompagnata da crisi di astinenza che si presentano da 8 a 10 ore dopo l’ultima assunzione provocando ansia, irritabilità, stati depressivi sudorazione, lacrimazione, vomito, diarrea, insonnia, crampi e dolori diffusi.

Safer Use

  • Consumare a stomaco vuoto per ridurre la nausea.
  • Dosare con prudenza soprattutto alle prime assunzioni per ridurre i rischi di overdose.
  • Fumare è la modalità di consumo che comporta minori rischi rispetto all’ingestione e all’assunzione per via rettale (rischio di epatiti e altri virus gravi).
  • Fumare oppio su carta stagnola è sconsigliato per la possibile tossicità dei vapori di alluminio inalati.
  • Le scorie di scarto che rimangono dopo la fumata sono molto tossiche: si consiglia di buttarle.
  • Anche se può far sentire lucidi, l’oppio rallenta molto i riflessi e può provocare improvvisi colpi di sonno. Bisogna quindi rinunciare a qualsiasi attività che richieda concentrazione e prontezza di riflessi (guidare).
  • Il rischio di overdose è più elevato dopo lunghe pause di consumo. I dosaggi devono quindi essere ridotti.
  • Consumare in un ambiente familiare e evitare di consumare da sole. [4]

La dipendenza è un rischio concreto a cui si può andare incontro fisicamente ma anche psicologicamente. Sebbene la percentuale di donne dipendenti, sia di donne che si rivolgono a percorsi di riabilitazione sia decisamente inferiore a quella maschile (per vari motivi socio-culturali più che fisiologici) la percezione e la consapevolezza delle donne nei confronti della dipendenza è più pronunciata e porta a comportamenti di “autoregolazione”, sia a livello di dosi (drug) che di set e setting. Una maggiore vicinanza con le proprie emozioni e una maggiore attenzione alle condizioni al contorno come la compagnia, il supporto reciproco, una cura dell’ambiente circostante aiutano a trarre il meglio dall’esperienza.

Ilaria, Chemical Sisters

Bibliografia

[1] Archeologia della piante inebrianti. – G. Samorini – 2018

[2] How did 18th century’s literary women relieve domestic distress? With opiates. – Vanessa Thorpe – 2018

[3] Dipartimento di Prevenzione. Il piano strategico triennale come strumenti di programmazione operativa. – F. Benedetto, F. Lofiego – MONDO SANITARIO – 2005

[4] https://danno.ch/sostanze/oppio

[5] http://web.tiscali.it/ecogin/anomalieciclo.htm

[6] http://www.informazionisuifarmaci.it/oppiacei-1372