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Canna libera, frontiera tranquilla: rischia di avere conseguenze insospettabili l’esito positivo dei due referendum, in Colorado e Stato di Washington, sulla liberalizzazione dell’uso della marijuana ad “uso ricreativo”. Uno sballo che si prevede lungo e duraturo, al quale si aggiunge il piu’ sobrio uso “a scopo terapeutico” permesso da oggi in Massachussetts.
Diminuiscono le pene, aumenta il traffico? Oppure lo stupefacente autarchico a chilometro zero tagliera’ le gambe al traffico transfrontaliero che viene da sud? Non e’ un caso che le consultazioni referendarie abbinate alle elezioni presidenziali siano state seguite con grande interesse in Messico, e non solo per capire l’orientamento dell’elettorato latino nei confronti di Obama.
In effetti l’impatto dei referendum puo’ essere profondo. A seconda dei tempi e delle stagioni, e’ tra il 40 ed il 70 percento che la “roba” consumata negli Stati Uniti proviene dalla riva meridionale del Rio Grande. Secondo le stime, si tratta di 2 miliardi di dollari che ogni anno finiscono in tasca ai trafficanti messicani. Poco meno di quanto gli stessi non guadagnino con la cocaina.
Ora, in Messico il consumo di stupefacenti e’ – relativamente – poco diffuso. Il fatto e’ che, semmai, la guerra tra i trafficanti provoca la morte di circa 10.000 persone l’anno, senza contare i desaparecidos. Una guerra particolarmente sporca che si combatte in citta’ dai nomi poco probabili come Tijuana o Ciudad Juarez, in cui le vittime sono soprattutto donne. Ragion per cui ancora di recente il presidente messicano Felipe Calderon ha detto che, se i nordamericani non sono in grado di fare la loro parte nella lotta alla droga, sarebbe opportuno che mettessero in pratica “nuovi tipi di approccio” al problema. Tradotto: quello che hanno appena fatto in Colorado e Washington.
Certo, non si tratta di due stati particolarmente popolosi (se la stessa decisione fosse stata presa da California e New York, la faccenda sarebbe ben diversa). Ma intanto la strada pare essere segnata. Poi, ragionando a rigor di logica, la cannabis prodotta legalmente nei due stati non faticherebbe molto a finire, non troppo legalmente, sui marciapiedi degli stati circonvicini. Con conseguenze imprevedibili, tra aumento dell’offerta e lotta tra messicani e locali per il controllo del territorio.
Queste le cifre che un produttore statunitense in erba si troverebbe ad affrontare. Il costo della coltivazione della marijuana e’ pari a circa 880 dollari al chilo. Provando ad aggiungere le tasse (e’ roba legale, no?) e le spese di diffusione e marketing, si arriva facilmente ai 2.000 dollari.
Trasportare illegalmente la stessa materia costa invece 500 dollari al chilo per ogni mille chilometri percorsi, piu’ le normali spese di produzione in Messico (inferiori a quelle su territorio americano, e senza marketing ne’ tasse). Se lo stesso costo di trasporto dovesse essere applicato alla roba che parte da Seattle e arriva a New York, i prezzi della canna made in Usa non sarebbero per nulla competitivi. Gli spacciatori tradizionali possono dormire sonni tranquilli.
Oppure no, perche’ e’ innegabile che il produttore americano immetterebbe sul mercato merce di qualita’ infinitamente superiore, magari anche biologica, con un tasso di Thc (il principio che da’ gli effetti desiderati) che sarebbe il triplo di quello presente nella robaccia messicana .
Considerando tanta differenza qualitativa, alla fine la canna americana sbatterebbe fuori dal mercato la concorrente messicana.
Se cosi’, lo scenario si rovescia, con i trafficanti messicani incapaci di reggere la concorrenza, con perdite stimate dagli istituti specialistici in quasi un miliardo e messo di dollari l’anno. Senza considerare che molti dei costi fissi (come la corruzione alla frontiera) resterebbero sostanzialmente invariati, e che perderebbero molto del loro allure anche la cocaina e l’anfetamina messicana.
Quando si tratta di droga, comunque, il diavolo ci mette spesso la coda e non e’ detto che, cosi’ facendo, gli americani non finiscano per avere meno problemi alla frontiera del Rio Grande, ma il caos al confine tra Massachussets e Vermont. Per non parlare delle conseguenze sulle strade. Intanto, pero’, in Messico si guarda sorridendo al giorno in cui piu’ nessuno o quasi avra’ interesse a coltivare canapa indiana o altre cose del genere.
(agenzia AGI, da Washington)