Tempo di lettura: 3 minuti

Addio wietpas, spazzato via dalla logica e dal buon senso. Cosi si potrebbe riassumere l’annuncio a mezzo stampa del sindaco di Amsterdam Eberhard Van Der Laan, che nel corso di un’intervista al quotidiano della capitale Volkskrant, ha forzato il protocollo, senza attendere l’annuncio ufficiale della coalizione “violetta” che dalla prossima settimana si insedierà all’Aja, con un frase-spot che non lascia spazio a dubbi:  “sappiano i turisti che saranno ancora i benvenuti nei coffeeshop di Amsterdam”.

Tanto è bastato per scatenare le ire dell’infaticabile alfiere del semi-proibizionismo olandese, Ivo Opstelten, astuto e navigato politico che ha compreso bene quanto valga, in termini elettorali, la crociata contro la cannabis; l’ex e (si dice) neo ministro della giustizia si è giocato la sua credibilità sulla guerra ai coffeeshop e se accordi di coalizione non gli consentiranno di mostrare i denti come avrebbe voluto, sembra in ogni caso ben poco intenzionato a “mollare l’osso”. A poche ore dalla pubblicazione dell’intervista al sindaco di Amsterdam, il portavoce del ministro della giustizia ha diramato un comunicato nel quale si spiega che nessuna deroga è stata accordata ad Amsterdam e che il piano del pass è ancora integro e pronto al lancio su scala nazionale.

A questo punto, come spesso accade, il carosello di comunicati e la cassa di risonanza della rete hanno prodotto un vero e proprio tilt informativo: media e social network, con sfumature diverse, hanno riportato l’annuncio del sindaco ma in pochi hanno rimarcato il contenuto vero e proprio dell’accordo: i coffeeshop non saranno più club privati e non ci sarà obbligo di registrazione ma il divieto di accesso ai turisti cambierà forma e non sparirà del tutto. Quale sarà questa nuova forma, si saprà solo all’indomani della presentazione del programma di coalizione. Secondo indiscrezioni trapelate, il ministero sarà obbligato a trovare un accordo con le amministrazioni  che tenga conto delle specificità locali. I coffeeshop torneranno nella categoria horeca, abbandonando lo status di club privati mentre per accedervi basterà esibire un documento ed un estratto del certificato di residenza. Di fronte ad un quadro sostanzialmente invariato, è prematuro parlare di “fine del pass”? Probabilmente lo è ma gli annunci e le smentite delle ultime settimane danno la misura della complessa trattativa in corso. E la frase del sindaco di Amsterdam, che ha fatto in poche ore il giro del mondo, può essere agevolmente classificata alla voce “pressione mediatica sui negoziati”: è probabile che il borgomastro, in coincidenza con il dibattito parlamentare della prossima settimana sui risultati dei primi 6 mesi di applicazione del pass, abbia deciso in qualche modo di forzare la discussione. La linea del ministro della giustizia, infatti,  sarà la difesa a tutto campo del pass ” successo aldilà di ogni aspettativa”, come aveva infatti detto qualche settimana fa alla stampa, sfidando l’ironia dei media locali, la rabbia delle amministrazioni di frontiera, costrette da sei mesi a fronteggiare il boom dello spaccio in strada ed il suo stesso partito, dato che i mal di pancia “antipass” tra i liberali sono stati tanti ed autorevoli (ultimo, in ordine cronologico, il sindaco di Rotterdam). Talmente tanti da aver sfiorato la sollevazione interna, se dai piani alti del partito liberale è stato chiesto, formalmente, a sindaci ed eletti, di evitare esternazioni pubbliche contrarie alla linea del partito.

Il rischio, a questo punto, è che la montagna partorisca il topolino e che il partito del premier, tra la figuraccia di una ritirata, una mediazione impossibile con i laburisti ed un’ostinata e paradossale guerra ai “mulini a vento”, per salvare la faccia, scelga quest’ultima opzione con un provvedimento inapplicabile: se anche un solo comune, ammettesse non residenti, i -seppur modesti- risultati del pass sarebbero nulli.

(articolo modificato dopo la pubblicazione)