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Il wietpas non funziona: lo dicono da settimane le cronache olandesi e lo dice un’indagine, la prima realizzata dall’introduzione della controversa misura, realizzata da studiosi dell’università di Tillburg I risultati non lasciano spazio ad interpretazioni; le città del sud sono state invase da spacciatori, soprattutto giovanissimi. Molti addirittura i “pendolari”,  cittadini belgi e francesi che varcano quotidianamente le frontiere per andare a coprire le “piazze”. I fumatori-residenti nei Paesi Bassi, dal canto loro, stanno apprezzando un inaspettato risvolto positivo della politica dei pass: chi non vuole saperne di farsi “schedare” può godere, infatti, del vantaggio derivato dall’acquisto dal mercato clandestino: la stessa “merce” del coffeeshop si può acquistare da spacciatori ad un prezzo inferiore del 25% e comodamente “recapitata a domicilio” dai numerosi runner che hanno rapidamente occupato il mercato (forzatamente) abbandonato dai coffeeshop. Non solo: la legge Opstelten, introdotta in piena recessione, secondo i legali dei coffeeshop ha già polverizzato circa 600 posti di lavoro nell’industria della cannabis, di cui 360 (sui 400 lavoratori del settore) solo a Maastricht. Una vera e propria catastrofe politica e sociale che preannuncia,  qualora la misura non venisse ritirata dal governo che si insedierà a settembre, di mettere in ginocchio il resto dell’Olanda. Ma il governo dimissionario sembra tutt’altro che preoccupato: il VVD, il partito liberale del premier Mark Rutte, parla dei risultati del giro di vite in termini trionfalistici e nel programma elettorale, da poco presentato alla stampa, riconferma il provvedimento e annuncia – in caso di vittoria- l’introduzione dell’obbligo di pagamento della cannabis con la carta bancomat. In Olanda è già possibile, in gran parte dei coffeeshop del paese, effettuare acquisti con il “pin”, un sistema di pagamento elettronico, ma l’abbandono del contante e l’obbligo di tracciabilità, suona come un’ulteriore stretta repressiva capace di mettere in fuga anche i pochi residenti che hanno accettato fino ad oggi di registrarsi.

Ma sul fronte degli oppositori arriva finalmente una notizia positiva: l’SP, la sinistra radicale olandese, nei sondaggi primo partito del paese, ha rotto gli indugi e si è ufficialmente messo alla guida dello schieramento antiproibizionista. Fino ad oggi, la linea pro-cannabis era passata per la conciliante, ma sostanzialmente compromissoria posizione del partito laburista che nelle varie esperienze di governo affrontate negli ultimi 30 anni non aveva mai voluto affrontare il nodo della legalizzazione. Oggi che il fronte progressista è guidato dal radicalismo dei socialisti dell’SP, la legalizzazione della produzione entra in agenda e diventa un impegno ufficiale. “I coffeeshop non sono il problema ma la soluzione al problema” ha sostenuto senza indugi, Harry Van Bommel, parlamentare e pezzo da 90 dell’SP, parlando di fronte ad una platea di imprenditori della cannabis riuniti la scorsa settimana ad Amsterdam per discutere le mosse da intraprendere, in vista dell’imminente appuntamento elettorale. Unanime il sostegno ai socialisti dei molti gestori di coffeeshop intervenuti: un evento, questo, che segna anche la fine dell’embedding di lungo corso ai verdi del Groenlinks, per anni interlocutori privilegiati  della “lobby della cannabis”. “La partita è vincere o chiudere” ha sostenuto  senza mezzi termini Werbard Bruining, fondatore nel 1967 del Mellow Yellow, il primo coffeeshop di Amsterdam. “I fumatori in Olanda sono quasi un milione, giusto? Bastano 60mila preferenze per un seggio. Diamoci da fare” ha concluso Bruining.